
MATEUSZ ZYS, POLAND
Reading 1, Numbers 21:4-9
Responsorial Psalm, Psalms 102:2-3, 16-18, 19-21
Gospel, John 8:21-30
Grazie! Eccola – parola chiave di questa condivisione. Rendere grazie a Dio. Entrambe letture di oggi insieme al salmo ci mostrano un bel esempio della vita degli uomini, in cui troviamo la caduta da parte nostra, e la risposta divina, quando Dio ci salva. Lo possiamo dividere in 4 tappe. Ma mentre seguiremo queste tappe, vorrei fermarmi un po’ sul tema della gratitudine, per sottolineare il suo ruolo in ciascuna parte.
Allora prima tappa riguarda la situazione prima della caduta, dove cerchiamo di capire, perché cadiamo. E questo possiamo trovare all’inizio della prima lettura, cito: “Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: <<Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero>>”. Dunque il narratore menziona 3 motivi presenti nell`attegiamento del popolo – la mancanza di forza e di pazienza, lo scoraggiamento e poi il mormorare, cioè parlare contro di Dio e il suo profeta. Mi sembra, che tutte queste cose sappiamo dall’esperienza. Quando Dio è con noi, oppure quando sentiamo la sua presenza, tutto va bene, ma dopo può arrivare un momento, quando c’è buio, quando non vediamo più la sua luce. E particolarmente in quel momento può succedere a noi la stessa cosa, che era accaduta agli Israeliti, cioè lo scoraggiamento, mormorare, mancanza di pazienza. Forse come loro cominciamo a dire, che ci sono tante cose di cui abbiamo bisogno e invece ci mancano. O forse siamo già così abituati a ricevere le grazie da parte di Dio, come la manna dal cielo, che abbiamo smesso di trattarle come un dono. Ma quando cessiamo di ringraziare a Dio, cambiamo il nostro atteggiamento, dicendo che a quei doni abbiamo il diritto. Dio ci ha dato tutte le cose di cui abbiamo bisogno per fare la sua volontà. Però la mancanza di gratitudine causa che non lo capiamo più, non lo vediamo come è veramente e entriamo nel buio delle nostre aspettative e i nostri desideri, arrivando al punto, quando siamo stanchi dei doni di Dio, perché il cibo è troppo leggero e noi siamo già nauseati e non lo vogliamo più. Non è mai troppo tardi per la riflessione, ma se noi perdessimo la gratitudine, la perseveranza e la fedeltà, quella strada ci porterebbe finalmente alla seconda tappa – la caduta.
Lo vediamo nel brano successivo: “Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì”. Quando appaiono i serpenti che possono simbolizzare il pericolo del peccato, la gente esperimenta la sofferenza e la morte. Sarebbe ottimo per noi dire, che tutto questo accade a causa di Dio, che il Dio ha mandato quei serpenti per ucciderci. Ma non è così. Vuol dire che Dio è veramente la prima causa, ma le conseguenze mortali dei nostri peccati accadono come il frutto delle nostre scelte sbagliate. Non è Dio il nostro nemico, che non ci vuole bene, ma semplicemente è il peccato che ci porta alla morte. Ecco, qualcuno potrebbe chiedere adesso, quale è la connessione tra il peccato e la gratitudine? Per vederla dobbiamo prima accettare, che la nostra condizione dopo il peccato è la nostra colpa, non è la colpa di Dio oppure di qualcun altro. Solo se facciamo così, lo diventa possibile, che il Dio misericordioso apra i nostri occhi per farci vedere, che senza Lui non c’è speranza per noi. E negli occhi di Dio il nostro peccato può diventare paradossalmente l’occasione per il nostro ritorno alla strada giusta. Se noi lo capiamo, dovremmo essere grati. Non per il peccato, ma per la misericordia di Dio, che anche dal nostro male può portare qualche bene.
Poi viene la terza tappa, cioè la conversione. La gente grida a Mosè: “Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti”. Queste parole esprimono la grande dipendenza da Dio. È importante di capire che la conversione non è solo dal peccato, ma, per essere efficace, deve essere a qualcuno, alla persona. La gente viene a Mosè, perché lui era il profeta di Dio, allora il popolo capisce, che deve tornare a Dio. E Dio per tutto questo tempo ci sta aspettando con la mano tesa verso di noi. Lui è sempre pronto a perdonarci. Dunque non si deve spiegare, perché dovremmo ringraziarlo. Lo dovrebbe succedere automaticamente, perché il cuore convertito a Dio è pieno di gratitudine per il suo amato.
E finalmente la quarta tappa – la risposta divina. Il Signore ha detto a Mosè: “Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita”. Ecco, abbiamo detto prima, che la conversione deve essere alla persona. E questo serpente ci presenta un tipo del sacrificio di Cristo. Ci sono 2 cose che vale la pena menzionare qua. Prima, il Signore vuole, che Mosè costruisca un serpente, per aiutare la gente morso dal serpente. Quello non è una coincidenza, neanche nel caso di Gesù. Perché Lui è venuto per salvarci dai nostri peccati, e, come dice Paolo nella seconda lettera ai Corinzi: “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio”. E seconda cosa, il Signore voleva, che Mosè mettesse il serpente sopra un’asta, allora più alto del livello degli occhi. Vuol dire, che per essere salvato, la persona morsa doveva alzare gli occhi per guardare nel cielo, dove si trovava la salvezza. In vangelo di oggi Gesù dice: “Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati”. Allora, come per la gente dalla prima lettura, anche per noi la salvezza viene di lassù. Ci viene data gratuitamente. Come dice il salmo: “Il Signore si è affacciato dall’alto del suo santuario, dal cielo ha guardato la terra, per ascoltare il sospiro del prigioniero, per liberare i condannati a morte”. Lui è diventato la nostra salvezza e questo è un dono più grande di tutti. È un regalo per ciascuno. Come si può non essere grato?